Miami Dolphins 2017 – È stato solo c…?

Tra luglio e agosto vi presenteremo tutte e 32 le squadre con i loro cambiamenti principali e con le loro speranze e/o paure. Troverete tutte le squadre pubblicate in questa sezione: Team by team preview 2017.

NB. Per facilitarne la lettura trovate i vari argomenti divisi in pagine (attacco, difesa, special team, draft & free agency, coaching staff, resoconto & calendario): posizionando il mouse sopra il menu che trovate dopo l’introduzione potrete navigare tra le varie pagine come meglio credete).

In NFL siamo abbastanza abituati alle stagioni sorprendenti di squadre che l’anno prima avevano fatto schifo e poi, improvvisamente, l’anno dopo si ritrovano ai playoff, anzi direi quasi che ci sorprendiamo quando in un anno non ci ritroviamo a gennaio con qualche protagonista inattesa. Quello però che è successo nel 2016 con i Miami Dolphins è stato un po’ spiazzante perché 2 anni fa avevano fatto alquanto schifo e si erano ritrovati a cambiare tutto il coaching staff e ad iniziare un processo di ristrutturazione che si pensava non semplice e/o veloce.

Difatti, la partenza con quattro sconfitte nelle prime 5 partite (vittoria non proprio convincente contro i Browns in casa) non aveva sorpreso troppo proprio perché le aspettative non erano molte. il nuovo capo allenatore Adam Gase però era stato molto bravo a tenere l’ambiente tranquillo e carico allo stesso tempo e da lì era iniziata una rimonta per i più insperata che ha poi portato a chiudere la stagione con un record di 10 vinte e sei perse ed il ritorno al football di gennaio dopo il 2008 e la wildcat. Da non dimenticare neanche che nelle ultime giornate ci fu pure l’infortunio a Tannehill che costrinse a giocare con il backup Moore.

Tutto bene quindi? Not so fast my friend perché l’anno scorso i Dolphins hanno avuto un record un po’ sbilanciato di 8-2 in partite decise da 7 punti o meno, e per lo più contro squadre nella metà sbagliata della classifica NFL. Oltre alla roboante vittoria contro gli Steelers alla sesta giornata che diede il via alla rimonta, le altre vittorie sono arrivate tutte con squadre senza un record positivo e quelle più forti incontrate, Ravens, Patriots e Steelers nei playoff, hanno portato un record di 0-3 con 71 punti di scarto.

Come ha deciso quindi il management di affrontare questa nuova stagione? Sicuramente puntando alla continuità ed al miglioramento progressivo del roster essendo ben consapevoli che il 2016 è stato un anno non facilmente ripetibile.

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ATTACCO

Adam Gase era indicato da tutti come una delle menti offensive più brillanti dell’NFL ed era arrivato a Miami proprio con l’obiettivo di lavorare su un reparto giovane e con molto potenziale che era rimasto però abbastanza inespresso. Guardando i freddi numeri si può sicuramente affermare che il percorso intrapreso è giusto: ora però è il momento di fare il vero salto di qualità e qui qualche dubbio è forse lecito averlo.

Gase ha lavorato su Tannehill cercando di valorizzarne i punti di forza: lanciare meno per lanciare meglio! Il 67% di completi è il miglior risultato in carriera e il fatto di puntare su lanci veloci, ad alta percentuale di successo e di più semplice lettura, ha portato anche ad abbassare il numero di sack subiti. Certo il numero di intercetti è sempre troppo alto e sul profondo si rischia sempre troppo, però penso che ormai sia impensabile cercare di cambiare le caratteristiche dell’ex Texas A&M ma che sia molto meglio cercare di impostare un attacco quanto più possibile disegnato sulle sue caratteristiche, anche perché il contratto che gli è stato fatto firmare non è certo di quelli che si possono facilmente assorbire.

Piuttosto bisognerà vedere come sta quel ginocchio perché, dopo aver parzialmente rotto il collaterale del ginocchio, Tannehill ha deciso insieme allo staff medico dei Dolphins di non operarsi ma di fare soltanto riabilitazione e un trattamento con cellule staminali ed essendo questi infortuni sempre molto fastidiosi, si potrà vedere solo sul campo se questa decisione è stata quella giusta.

Miami comunque ha molta fiducia nel backup di Tannehill, quel Matt Moore che l’anno scorso, quando è stato chiamato in causa, non ha fatto rimpiangere il titolare facendo anzi registrare numeri molto simili se non leggermente migliori: a voi decidere se è solo small sample size, attestato di fiducia a Moore o attestato di “scarsezza” di Tannehill.

EDIT. In realtà il problema di Tannehill si è rivelato molto più pesante e allora, benché la fiducia in Moore come backup titolare per un lasso limitato di tempo fosse comunque alta, a Miami per una sostituzione più estesa hanno preferito convincere Cutler a rimandare la carriera televisiva. Sarà curioso vedere Jay, con i suoi picchi alti/bassi di resa molto pronunciati e come caratteristiche molto diverse al titolare infortunato, all’opera con un reparto così carico a livello di talento.

Il fattore decisivo della grande rimonta del 2016 è stato però il gioco di corsa improvvisamente esplosivo grazie a Jay Ajayi e alle sue partite da oltre 200 yards corse (3 in stagione come prima solo Earl Campbell, O.J. Simpson e Tiki Barber). Anche qui però quando poi si vanno ad analizzare meglio i numeri si vede che alle 624 yards in 85 portate (7.3 di media) in queste 3 partite si alternano le 681 con 191 portate (3.6) nelle restanti 13 inclusi i playoff: il più classico dei runningback da boom or bust si direbbe. Se la capacità di essere un devastante creatore di big play è un fattore che certamente condiziona i defensive coordinator avversari nel preparare le gare contro Miami e Ajayi, questa estrema volubilità della resa del gioco di corsa dei Dolphins è un fattore che preoccupa Gase & company perché se le corse non funziona poi si è costretti a lanciare troppo ed esporre così Tannehill ai propri limiti.

Jay Ajayi o Ricky Williams?

Considerando poi che come backup o potenziali change of pace c’è ben poco (Damien Williams e Kenyan Drake hanno dimostrato finora ben poco pur essendo arrivati entrambi con buone aspettative dal college) si capisce ancora di più l’importanza del rendimento e della salute di Ajayi perché l’attacco di Miami sia efficace, vario ed efficiente.

Di certo avere un Mike Pouncey sano ed in pieno forma al centro della linea offensiva sarebbe un aiuto non indifferente perché l’ex Florida, quando è in campo, è di certo uno dei migliori nel ruolo dell’intera NFL. Il problema è proprio che ultimamente passa più tempo in infermeria (19 gare saltate nelle ultime 4 stagioni) che nel rettangolo verde a chiamare gli assegnamenti della linea (anche per lui comunque trattamento con cellule staminali).

Quest’anno poi i Dolphins hanno deciso di fare a meno del left tackle veterano Brandon Albert e di dare le chiavi del ruolo al secondo anno Laremy Tunsil che dopo la caduta nel draft 2016 a causa di un video poco edificante pare abbia messo la testa a posto fuori dal campo ed in campo ha mostrato incoraggianti segnali di sviluppo quando schierato da guardia: se si dovesse dimostrare subito pronto a proteggere il lato cieco di Tannehill i Dolphins sarebbero ancor più contenti di quel video che lo ha fatto cadere tra le proprie braccia.

Come guardie i titolari dovrebbero essere Jermon Bushrod e Ted Larsen, né troppo sexy né troppo scarsi, mentre a destra si è puntato deciso su Ja’Wuan James che ha avuto confermato il quinto anno del contratto da rookie e su cui si punta per il cosidetto breakthrough year. Anthony Steen e lo swingman Kraig Urbik garantiscono una buona profondità nel ruolo, ma se la scelta di quinto giro di quest’anno Isaac Asiata, guardia, si dimostrasse subito pronta per poter essere schierata il coaching staff dei Dolphins ne sarebbe certamente lieto.

Due delle, poche, mosse importanti dell’offseason di Miami sono state l’arrivo (nella trade Albert con i Jaguars) del tight end Julius Thomas e la rifirma di Kenny Stills su cui ha avuto una grossa influenza proprio l’allenatore Gase. I 9 TD segnati e la media di 17.3 yards a ricezione hanno certamente aiutato la causa dell’ex scelta di New Orleans, ma l’attacco orchestrato dall’ex OC di Denver e Chicago è stato certamente decisivo nel rivitalizzare la carriera di un talento che sembrava si stesse inesorabilmente perdendo.

Alla ricerca di riscossa è invece proprio Thomas che lontano dal Colorado sembra aver smarrito la capacità di essere decisivo e, soprattutto, di restare sano tanto da fargli affibbiare l’etichetta di bust dopo il contrattone firmato con Jacksonville: rimanesse sano potrebbe essere un aiuto importantissimo per Tannehill nello sviluppare un rapido ed efficace gioco sul breve oltre a diventare il target preferito nelle vicinanze dell’end zone grazie a fisico ed altezza. Se invece i problemi fisici non lo dovessero abbandonare avremmo seri problemi perché dietro di lui ci sono il cartonato di Anthony Fasano (al ritorno dopo una bella esperienza ma ormai efficace solo come bloccatore) e l’eterno progetto Thomas Duarte.

Se Stills è il target sul profondo e per i big play che allungano le difese, il tuttofare dell’attacco dei Dolphins è Jarvis Landry, tra i migliori della lega nei terzi down e sesto ricevitore nella storia della franchigia a far registrare due stagioni consecutive da oltre 1000 yard ricevute: il prossimo contratto che firmerà sarà a molti zeri ma sarà certamente meritato per uno dei giocatori più solidi ed efficaci di tutta l’NFL. Se poi evitasse di provocare quelli di Boston dicendo che nel 2017 i Dolphins sweeperanno i Patriots sarebbe anche meglio. Ah, Landry e Beckham, entrambi usciti da LSU, hanno fatto registrare nei primi 3 anni di NFL il record di 288 ricezioni, ma molta parte del pubblico sembra conoscere solo il giocatore di New York, chissà se ne accorgeranno almeno al prossimo rinnovo contrattuale.

Altro protagonista del reparto ricevitori dei Dolphins dovrebbe essere DeVante Parker, e dico dovrebbe perché il contributo dato finora dall’ex Louisville in questi 2 anni nella lega è stato al di sotto delle aspettative visto il grande potenziale e una terza consecutiva stagione sotto par potrebbe far esplodere troppi dubbi sul suo futuro a Miami e tra i pro. Se invece, come tutti i tifosi del sud della Florida si aspettano, riuscirà finalmente a dimostrare sul campo il suo talento i Dolphins si troverebbero tra le mani un trio di ricevitori formidabile e giovane, completo e molto ben assemblato.

Pochissimo da segnalare d’interessante nel resto del reparto dove il solo Leonte Carroo sembra essere materiale con potenziale (anche se pure lui l’anno scorso è stato estremamente deludente), forse si può lavorare sulla settima scelta di quest’anno, Isaiah Ford da West Virginia, che compensa la scarsa capacità di creare separazione con i difensori avversari con una buona propensione a ricevere i palloni contestati, di sicuro dovrà lavorare intensamente sulla route running, al momento abbastanza elementare, per poter sperare di avere un futuro in NFL.

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DIFESA

Il defensive coordinator della passata stagione, Vance Jospeh, non c’è più perché è stato chiamato a Denver per portare di nuovo i Broncos in vetta all’NFL. Questo farebbe pensare che nel 2016 la difesa dei Dolphins ha fatto faville, no? Beh…ecco…non sempre due + due fa quattro nel football: 29esima posizione per yard di media concesse e una media di 140 di corsa subite fanno intuire che qualche problema c’è stato, specie con le considerazioni fatte all’inizio sulla difficoltà del calendario affrontato. Problemi principali da risolvere? Qualità e profondità tra i linebacker e nelle secondarie e lento adeguamento alla nuova tipologia di difesa schierata (la Wide-Nine).

Questa nuova difesa non ha portato solo problemi però perché Ndamukong Suh è sembrato rinato nel 2016 (72 tackle, terzo in assoluto tra i DL interni) grazie alla possibilità di giocare in maniera molto più aggressiva, senza dover aspettare e reagire facendo sì che il suo gioco rallentasse. Suh è sempre stato un giocatore rapido ed esplosivo e sfruttarlo per quelle che sono le sue migliori qualità rende molto più accettabile quel faraonico contratto fattogli firmare un paio di anni fa in free agency che, a dir la verità, è sempre sembrato troppo.

Guess who is back, back again… (Ph. Bill Ingram / The Palm Beach Post)

La nuova difesa ha fatto bene anche a Cameron Wake a cui dopo l’infortunio al tendine di Achille si chiedeva non molto ma che a fine anno ha invece fatto registrare 11.5 sack, tutti a parte uno arrivati dopo aver riguadagnato il posto da titolare alla sesta settimana.

L’anno scorso nota positiva fu Alan Branch che con i suoi 5 sack e mezzo permise di compensare l’inesorabile declino di Mario Williams, ma il management dei Dolphins era ben consapevole che questo non sarebbe bastato per garantire la giusta pressione sui QB avversari ed ecco l’arrivo (non certo dalla luna dove, secondo lui, l’uomo non è mai stato, ma dai Rams) di Williams Hayes ma soprattutto, con la scelta al primo giro del draft di quest’anno, di Charles Harris da Missouri che forse, come Wake, non ha il fisico ideale per giocare come end da 4-3, ma che come lui se ne dimentica e riesce ad essere costantemente un pericolo ed una presenza nel backfield avversario.

La linea titolare è completata da Jordan Phillips, giocatore ancora giovane che sta crescendo sempre più ed è un ottimo complemento a Suh. Manca un po’ di profondità per il resto con la sola presenza di Vincent Taylor e Davon Godchaux a poter garantire un minimo di rotazione in linea oltre a quelli nominati, ma essendo rispettivamente scelte del sesto e quinto giro di quest’anno non garantiscono ovviamente molto.

La quantità di yard su corse concesse non è passata certo inosservata, e anche qui si è cercato di porre rimedio mixando aggiunte di esperienza e gioventù ad un reparto che nel 2016 ha potuto contare su un finalmente sano Kiko Alonso che, pur non facendo completamente dimenticare i dubbi su di lui, ha messo su una stagione molto solida, sia numericamente (115 tackle) che come prestazioni sul campo, essendo il leader di una difesa che ha puntato molto sui turnover (19 nella striscia che ha cambiato la stagione dei Dolphins).

Per non spremere troppo Alonso e le sue ginocchia, ma anche per liberarlo dai compiti più gravosi del MLB nella difesa base e permettergli maggiore libertà di cercare il big play da WLB, è stato firmato con un signor contratto l’ex Steelers Lawrence Timmons che si spera non sia venuto a svernare in Florida perché, se in forma e concentrato, può decisamente essere quel fattore contro le corse che tanto è mancato a Miami l’anno scorso.

L’infortunio al collo subito da Koa Misi l’anno scorso si sperava potesse essere solo un lontano ricordo e quindi che potesse essere lui il titolare nel ruolo di strong side linebacker, ed invece è recente la notizia che abbia deciso di ritirarsi a soli 27 anni per evitare ulteriori problemi, poco male per i Dolphins che comunque si erano già premuniti andando a scegliere al secondo giro Raekwon McMillian, da Ohio State, giocatore molto atletico, in grado di giocare in tutti i down, sia al centro della difesa che sull’esterno e che potrà quindi garantire sia maggiore profondità che più freschezza e qualità in un reparto che aveva deciso bisogno di entrambe.

Byron Maxwell non era decisamente il giocatore decisivo che pensavano i Philadelphia Eagles quando decisero di dargli quel contrattone nella free agency di 2 anni fa, ma non era neanche una schiappa completa come in tanti hanno poi finito per pensare dopo essere naufragato nella città dell’amore fraterno. L’anno scorso l’ha dimostrato con una stagione positiva (compresi 4 fumble forzati) anche perché ormai non ci si aspettava molto da lui.

Dal lato opposto verrà schierato il secondo anno Xavien Howard che da rookie ha mostrato ottimi flash alternati ad ovvie, per un esordiente, amnesie: di certo il fisico è di quelli ideali per lo schema adottato da Miami e che fa salivare i defensive coordinator, ma c’è ancora molto da lavorare. Seguendo la regola non scritta dell’NFL che non ci sono mai abbastanza buoni cornerback a roster, i Dolphins hanno per altro scelto al terzo giro un quasi clone di Howard, Cordrea Tankersley da Clemson, anche lui con fisico notevole e con lo stesso rischio bust. Nello slot sarà impiegato invece Tony Lippett.

Per migliorare il reparto safety, punto debole del 2016 specie dopo l’infortunio di Reshad Jones, si è deciso non solo di puntare sul pronto recupero della strong safety ma di firmare veterani affidabili come Nate Allen e, soprattutto, TJ McDonald che però è arrivato con il pesante fardello di una sospensione per uso di sostanze illecite che gli farà saltare metà stagione (ed è un vero peccato per i tifosi della Florida perché nelle ultime stagione McDonald ha fatto sentire sempre la sua presenza in campo).

Seguendo sempre la stessa filosofia di mixare esperienza e gioventù, ecco che è stato scelta al quinto giro del draft anche la safety da Nebraska Nate Gerry, giocatore interessante ma ancora tutto da scoprire. Non va mai dimenticata per altro la solidità anche se più come special teamer, di Michael Thomas.

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SPECIAL TEAM

Andrew Frank non è certo ancora un kicker assolutamente affidabile, e la percentuale di 76.2 di realizzazione nei field goal sta lì a dimostrarlo, ma il secondo anno sembra progredire sempre più e i calci decisivi segnati a dicembre contro Arizona e Buffalo possono essere quel fattore che gli permetta di essere una sicurezza. Anche nel ruolo di punter la gioventù è la caratteristica principale, con Matt Darr che deve ancora crescere ma rimane comunque tra i più interessanti giovani specialisti nel ruolo.

Come ritornatore Jarvis Landry è uno dei migliori di tutta l’NFL, elettrizzante ed al tempo stesso efficace, ma è scontato dire che si spera di trovare qualcuno altrettanto efficace che permetta al buono Landry un po’ di riposo e qualche colpo subito in meno. Candidati principali per questo compito? Le scelte di un anno fa Kenyan Drake e Jakeem Grant.

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DRAFT

Draft:
1 (22) – Charles Harris, DE (Missouri)
2 (54) – Raekwon McMillan, LB (Ohio State)
3 (97) – Cordrea Tankersley, CB (Clemson)
5 (164) – Isaac Asiata, OG (Utah)
5 (178) – Davon Dochaux, DT (LSU)
5 (184) – Nate Gerry, S (Nebraska)
6 (194) – Vincent Taylor, DT (Oklahoma State)
7 (237) – Isaiah Ford, WR (Virginia Tech)

MOVIMENTI PRINCIPALI FREE AGENCY

In: Anthony Fasano (TE, TEN), Julius Thomas (TE, JAC) Ted Larsen (OG, CHI), Will Hayes (DE, LAR), Lawrence Timmons (LB, PIT), Nate Allen (S, OAK), T.J. McDonald (S, LAR).

Out: Dion Sims (TE, CHI), Branden Albert (OT, JAC), Earl Mitchell (DT, SF), Jelani Jenkins (LB, OAK).

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COACHING STAFF

Come già accennato all’inizio Adam Gase, dopo un inizio di 2016 in cui, anche a detta sua, aveva fatto molti errori e sembrava quasi un pesce fuor d’acqua, ha dimostrato di essere in grado di cambiare una stagione e di non farsi trascinare dagli eventi come una barca in avaria. Ora arriva un compito altrettanto gravoso però: dimostrare che l’anno scorso non è stato solo un caso ma che è in grado di portare tutti quegli aggiustamenti che fanno la differenza tra un allenatore normale ed un grande capo allenatore.

In contumacia Joseph la difesa è stata affidata all’ex allenatore dei linebacker Matt Burke che continuerà nel solco tracciato dall’attuale head coach dei Broncos ma potendo puntare su un materiale migliore sia in qualità che in quantità con la speranza quindi che anche i risultati siano migliori.

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RESOCONTO e CALENDARIO

Il dubbio che il 2016 sia stato solo un fuoco di paglia è reale, inutile nasconderlo, però non bisogna mai sottostimare la fiducia che da una qualificazione ai playoff e quindi si deve stare attenti a dar subito per morti i Dolphins. Inoltre è vero che le parole di Landry che ha promesso che quest’anno saranno sweeppati i Patriots sono sembrate alquanto azzardate, però in una AFC che sembra molto equilibrata dietro a New England c’è spazio perché Miami possa puntare ad una delle due wild card, anche se dovendo affrontare AFC West (l’ex Joseph ritornerà a Miami il 3 dicembre) e NFC South, due division molto frizzanti nell’attuale NFL, le possibilità di sbagliare sono molto poche. Decisivo comunque sarà il rush finale dopo il bye con 6 partite tutte all’interno della conference: doppia sfida a Patriots e Bills e poi Broncos e Chiefs.

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angyair

Tifoso dei 49ers e dei Bulls, ex-calciatore professionista, olimpionico di scherma, tronista a tempo perso, candidato al Nobel e scrittore di best-seller apocrifi. Ah, anche un po' megalomane.

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