L’ultimo ballo

La redazione di questo sito annovera tra i suoi membri un pococelato-tuttostrano-amodosuo-moltoparticolare tifoso della Roma, uno di quelli che magari quando vede arrivare da lontano una sconfitta preferisce non vedere la partita (salvo poi pentirsene quasi tutte le volte, e che per questo motivo si è perso anche qualche inaspettata vittoria), che non va allo stadio da una vita per non stare troppo male, che da buon ingegnere combatte ogni domenica (o sabato, o lunedì, o quel che volete – maledetto calcio spezzatino) l’irrazionalità del suo tifare Roma con la razionalità con la quale cerca di vivere la sua vita, perdendo ogni volta. Questo stesso soggetto, che per rispetto della sua privacy chiameremo Alessandro da Carpi, alla fine ha ceduto alle pressioni, ed ha prodotto un pezzo sull’addio al calcio – o forse “solo” alla Roma – di Francesco Totti

Il giorno tanto temuto sta per arrivare. Domenica prossima, intorno alle 19.50, Francesco Totti non sarà più un calciatore della A.S. Roma.
La Roma – e i suoi tifosi – dovranno ammainare la bandiera del loro Capitano, che per 25 anni ne ha gloriosamente vestito la maglia, e al contempo quella di uomo simbolo, calciatore più forte e rappresentativo, parafulmine di tutti i suoi problemi, panacea e insieme causa di tutti i mali, zavorra dei suoi sogni e tappo di tutto. Come dite? Vi sembra troppo e soprattutto troppe cose diverse insieme? Eh. Appunto.

Non sto qua a sciorinarvi troppi numeri, non sto qua a spiegarvi troppe cose. I primi li conoscete già, per le seconde non sono proprio così capace. Quello che vorrei cercarvi di dire è come si sente un tifoso medio (più o meno) della Roma in questa settimana. Anzi no, sticazzi del tifoso medio. Vi dico come mi sento io.

Totti a lungo ha rappresentato, per me, un vanto e un orgoglio. Il motivo per cui sei riconosciuto, spesso l’unico, vista la dimensione calcistica molto ridotta della squadra per cui tifo – soprattutto a livello di palmares. E per questo motivo, troppe volte ho caricato il suo essere il calciatore più forte che ha vestito la maglia della squadra che tifo di significati che, effettivamente, non ha.

L’ avrei voluto capitano della nazionale – un po’ tipo Oliver Hutton. L’avrei voluto sentir dire sempre la cosa giusta, vederlo sempre comportare in maniera esemplare in campo.

Avrei voluto che non avesse mai calciato Balotelli, che non avesse mai sputato a Poulsen. Avrei voluto vedergli vincere tutti i derby giocati, e qualche scudetto in più. Avrei voluto che tutti nel mondo lo considerassero il calciatore più forte di sempre, a sedere insieme al padre O’ Rei e al figlio D10s sul trono della trinità

Ma poi penso, tra me e me: perché? Ho sempre vissuto per Totti un amore che ha una dimensione totalmente privata, e che faccio fatica a condividere con altri. Sentir parlare di Totti – un po’ a tutti i livelli e in tutti i modi – sotto sotto, mi ha sempre dato fastidio, perché ho vissuto la sua militanza giallorossa come un regalo, personale e personalizzato, tipo l’abbraccio di tuo figlio, o i baci di tua moglie.

Volendo fissare un paio di momenti, me ne vengono in mente due: il primo, un gol al Milan nell’ottobre del 1996; errore di Seba Rossi in uscita, che con i piedi prova a spazzare ma colpisce un Totti andato a contrastarlo, palla che rimane lì, pallonetto di esterno destro a giro verso la porta sguarnita. Quando lo vidi pensai “Mi sa che questo è speciale”. Pensiero corretto, direi.

E poi il suo gol più importante, quell’1a0 nel 17 giugno del 2001. Sono capace di riconoscere quel gol anche ascoltandone solo l’audio dallo stadio.

Domenica non sarò allo stadio. Un po’ perché non ho trovato i biglietti, ma soprattutto perché non li ho cercati con troppa insistenza. Perché farei fatica a condividere questo momento anche con altri 80mila romanisti. Avrei voluto portarci mio figlio, farlo esordire allo stadio così, col botto. Ma, alla fine, non lo farò.

Perché forse, un amore così forte, è troppo per la mia razionalità, e non riesco a non viverlo se non come una scappatella.

Ah: Lui in realtà non vuole ritirarsi. C’è il rischio che quella di domenica sia una festa a sorpresa, ma senza l’ invitato. Perché comunque, alla fine, parliamo di una delle più grandi impersonificazioni del Calcio. E a calcio puoi giocarci, ma col Calcio non puoi giocarci.

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