La Roubaix più Roubaix di sempre

Si è fatta attendere ed i 903 giorni che sono trascorsi prima di poterla riammirare sono sembrati anche di più. L’ultima volta che abbiamo sgranato gli occhi sulla ripresa dall’alto della Foresta di Arenberg, l’ultima volta che siamo sobbalzati sul Carrefour de l’Arbre, l’ultima volta che abbiamo trattenuto il respiro all’ingresso del velodromo di Roubaix era il 14 aprile 2019, ma le immagini di Gilbert a braccia alzate con un Politt battuto in secondo piano sembrano davvero arrivare da un altro ciclismo, da un altro mondo.

Sono passati 903 giorni e sono sembrati il doppio, ma alla fine la Parigi-Roubaix è tornata, non nella settimana santa di Aprile, ma in un (finalmente?) piovoso weekend di inizio ottobre, dopo aver assegnato la maglia iridata e prima della classica delle foglie morte di domenica prossima, in una posizione così innaturale che per un attimo abbiamo fatto fatica a riconoscerla, come lo stesso Gilbert ha dichiarato in una interessante intervista uscita sull’Equipe settimana scorsa: “non ho avvertito lo stesso fervore che si prova per una Roubaix in primavera, quella pressione che inizia ad Harelbeke, attraversa Gent, Wevelgem e arriva al culmine di un ciclo della stagione”

Non siamo passati attraverso Harelbeke, Gent e Wevelgem, ma a 160 km dall’arrivo con l’inizio dei settori (30 quest’anno) abbiamo cominciato a sentirla questa Roubaix: pavé dopo pavé, caduta dopo caduta, foratura dopo foratura, svirgolata dopo svirgolata, i ciclisti sono diventati in breve tempo statue di fango chiamate ad equilibrismi circensi e noi con loro abbiamo iniziato a perderci tra uno stravolgimento e l’altro.

Abbiamo visto Vanmarcke e Lampaert fermarsi e ripartire non si sa più quante volte, tanto che così “mascherati” abbiamo anche dubitato fossero ancora loro. La Roubaix per costituzione non è riassumibile con quell’incessante danzare tra un settore e l’altro che continua a stravolgere piani, strategie e sogni.

La Roubaix è una bestia che non vuole padroni, Gianni Moscon sicuramente lo sapeva e anche non l’avesse saputo, di certo ieri l’ha imparato. Sembrava avercela in pugno, certo mancava ancora più di un’ora di strada, ma quando a Mons en Pevele è entrato con un minuto e poco più di vantaggio e ne è uscito avendolo addirittura incrementato, siamo sicuri che ha iniziato a crederci. Noi di sicuro l’abbiamo fatto anche perché dietro nessuno stava aiutando uno dei grandi favoriti, quel Mathieu Van der Poel che sostanzialmente era costretto a cuocersi nell’inseguimento del corridore della Ineos.

Moscon aveva fatto quinto alla sua seconda Roubaix, era il 2017 e fa molto più strano trovarlo 41esimo o 84esimo nelle altre due corse dopo di quella, piuttosto che possibile vincitore a 40 km dall’arrivo ieri pomeriggio. Insomma una sua vittoria era “nell’ordine delle cose”, ma la Roubaix ha detto di no: una foratura, il cambio bici a portargli via una 30ina di secondi, una ruota magari gonfiata in maniera diversa, un equilibrio da ricostruire cammin facendo, un umore abbattuto, una caduta che gli vede regalare altri 30 secondi ed infine, al Carrefour de l’Arbre, la fine dei sogni e l’inizio di una nuova corsa, l’ultima.

Florian Vermeersch il 14 aprile 2019 non era ancora professionista, quell’anno tra le altre gare under23 corse pure la Roubaix per i giovani, finì 36esimo (nell’edizione vinta dal suo coetaneo Pidcock).
Mathieu Van der Poel nel 2019 era al primo anno da (semi)stradista, ad Aprile s’era già fatto notare nel calendario delle Fiandre, ma poi aveva preso un’altra via verso le Andenne.
Sonny Colbrelli quelle pietre, per un motivo o per un altro, le aveva sempre evitate: ha provato a spianare quelle meno sconnesse delle Fiandre, ma non è la stessa cosa.

Insomma, la Roubaix va capita, va provata ed invece a 20 km dall’arrivo abbiamo scoperto che la Roubaix 2021 se la sarebbero giocata 3 debuttanti. Impronosticabile, per una corsa che non ha mai visto un debuttante vincerla negli ultimi 70 anni.

Chi ha vinto lo sapete già, immagino non siete venuti qui a leggere queste 4 righe per scoprirlo: Sonny era il più veloce, ma questo sapevamo sarebbe contato poco. Dopo 257 km di cui 55 passati a danzare su quel pavé micidiale, non contava più nulla, le statue di fango che si sono presentate sul velodromo più famoso del mondo non sono riuscite nemmeno ad alzarsi sui pedali (o quasi) per sprintare.

In quanto italiani mancavamo dall’albo d’oro di questa corsa, che è la Corsa, dal 1999. Andrea Tafi la vinse a 33 anni, al settimo tentativo (con due podi conquistati nelle 3 edizioni precedenti) e la corse ancora fino a quasi 40 anni (con un’altra top 10, quinto, nel 2003). Colbrelli, l’ha provata e scoperta “tardi” ma lui è l’ennesimo prodotto di una classe (quella del 1990) che ha sfornato una quantità assurda di talento e che nelle ultime stagioni sta lasciando un po’ il passo ai nuovi ragazzi terribili del ciclismo.

Sonny, di quella classe, è quello che ha avuto una crescita ed una maturazione più lenta, seppur costante, per anni l’abbiamo aspettato (finora invano) a braccia alzate a via Roma, corridore fatto col sarto per la Milano-Sanremo, ci dicevamo, ed invece eccolo qua, rotolarsi sul prato all’interno del velodromo di Roubaix tra urla di gioia e lacrime che gli lavano un viso irriconoscibile.

Il 3 settembre, un mese esatto prima della Roubaix di ieri, faceva secondo alla terzultima tappa del giro del Benelux, da allora ha fatto primo e secondo nelle restanti due tappe con annessa vittoria della classifica generale, primo agli europei, ritirato al giro di Toscana, secondo alla coppa Sabatini, primo al memorial Pantani, decimo ai mondiali, primo ieri. Un mese bestiale, dove ha costruito anche una fiducia ed una lucidità nel leggere le pieghe della gara, doti che ieri sono state fondamentali per vincere una corsa che resterà nella storia del Ciclismo.

T’abbiamo aspettata 903 giorni, sei tornata più bella e più stronza che mai. Ne è valsa l’attesa.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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