La maledizione della maglia iridata
Siamo nel pieno della stagione ciclistica 2015, le prime classiche hanno già recitato i titoli di coda con vincitori e vinti che guardano al futuro per confermarsi o redimersi.
Il carrozzone a pedali, dopo aver sedotto paesi e spettatori, li abbandona lasciandoli nell’indifferenza degli altri trecentosessantaquattro giorno con la rimozione di striscioni, sponsor e l’abbandono delle carovane da Sanremo e Oudenaarde per spostarsi al Velodomo di Roubaix dove è in programma la classica delle classiche, quella Parigi-Roubaix che è una data cerchiata in rosso dagli appassionati delle due ruote.
Ecco, per preview e review della Parigi Roubaix i miei colleghi su questo blog vi delizieranno ai bordi di questo weekend, nel frattempo cercherò di guidarvi in tantissime piccoli grandi storie unite da un unico grande denominatore, la maglia di campione del mondo…
Diventare campioni del mondo nel ciclismo, a differenza di altri sport, non equivale spesso ad essere effettivamente il più forte di tutti, ma il migliore in quel determinato giorno e per quel determinato circuito. Ci sono infatti troppe variabili nella gara in linea, dallo stato di forma, al gioco di squadra (ahi ahi cara Spagna..) alla programmazione e al numero di gare corse durante l’anno. Mettiamo quindi in chiaro una cosa, nella storia, recente e non, il vincitore del campionato del Mondo è stata una sorpresa, per molti un punto di arrivo, ma, come vedremo in questo articolo, raramente è stato un trampolino di lancio. Ed è proprio a questa maledizione della maglia iridata che vogliamo dare uno sguardo in questo articolo.
Cominciamo dal 1993, dal post doppietta di Gianni Bugno protagonista di grandi successi nel 1991 a Stoccarda (alzando le mani 15 metri prima, ho avuto il mio primo coccolone ad 8 anni..) e nel 1992 a Benidrom con una volata autoritaria; siamo ad Oslo e pioggia e freddo sconvolgono i valori, un giovane americano di nome Lance Armstrong scatta nel finale e non viene più ripreso, vincendo l’iride a 21 anni.
La carriera di Armstrong la conosciamo tutti, ma non tutti ricordano che nel 1994 Lance vinse soltanto due gare in Nord America e collezionò due secondi posti a San Sebastian e nella Liegi Bastogne Liegi. Certamente due podi eccellenti, ma nessuna vittoria considerevole nella stagione.
Mondiale successivo 1994, si corre ad Agrigento su un percorso estremamente impegnativo, l’Italia fa il tifo per Ghirotto e Chiappucci che nulla possono contro lo strapotere di Luc Leblanc nella salita finale. Il francese, protagonista di una carriera discreta come scalatore, nel 1995 vince soltanto una corsa minore in Francia ottenendo risultati molto deludenti in tutte le corse principali.per lui si può effettivamente parlare di “meraviglia d’un giorno” visto che il Leblanc di Agrigento non si è praticamente più visto.
Brochard visse un 1998 terribile senza risultati significativi e con una squalifica per Doping sul groppone per il Caso Festina nel Tour di Pantani. Proseguì la sua carriera sino alla veneranda età di 39 anni (praticamente uno juniores in confronto ad Horner) facendo il gregarione con qualche licenza in giorni bisestili.
Fine della maledizione? neanche per idea, arriva forse il caso più eclatante degli ultimi 10 anni. Siamo a Valkenburg e il circuito è un saliscendi da classica con la rampa del Cauberg a 2 km dall’arrivo. Ai piedi del Cauberg scatta Philippe Gilbert che al traguardo precede Boasson Hagen e Valverde (che chiuderà al terzo posto per tre mondiali consecutivi) vincendo il titolo iridato dopo una stagione avara di soddisfazioni. Il suo 2011 fu clamoroso con il trittico Amstel Gold Race / Freccia Vallone e Liegi Bastogne Liegi e ci sono grandi speranze per un 2013 pieno di successi dopo la vittoria del mondiale 2012. E Gilbert nelle corse di primavera è sempre li, quinto all’Amstel, settimo alla Liegi, ma per alzare le braccia al cielo deve aspettare la dodicesima tappa della Vuelta. Al mondiale arriva nei 10, concludendo il suo anno maledetto.
Arriviamo al mondiale del 2013 a Firenze dove tutto il popolo del ciclismo spinge con tutta la sua forza Joaquin Rodriguez verso la maglia iridata, peccato che in quel giorno ci sia di mezzo un portoghese più forte di lui in volata, Rui Alberto Faria da Costa, Rui Costa. Per i calciofili un Rui Costa che vince a Firenze non è una novità, ma per lui si, buon corridore dotato sia in salita che allo sprint, ma difficile pensarlo vincitore di un Mondiale. Il suo 2013 fu strepitoso, due successi al Tour, il Giro della Svizzera e il Campionato del Mondo.
Il suo 2014 con il cambio di maglia (passa alla Lampre) fu decisamente meno interessante, gli rimase solo l’abbonamento al Giro della Svizzera, unico successo dell’anno.oltre ad un terzo posto al Giro di Lombardia, ma senza maglia iridata passata nelle mani meritate di Michal Kwiatkowski vincitore a Ponferrada.
Bel pezzo, per onore di cronaca/pignoleria/tendenza a rompere le balle, c’è una piccola nota curiosa su uno dei protagonisti: Oscar Camenzind non visse infatti una grande stagione post mondiale, ma chiuse alla grandissima la stagione stessa del mondiale, visto che si portò a casa il Giro di Lombardia 6 giorni dopo il trionfo olandese, in una giornata bergamasca più o meno simile a quella di Valkenburg
Credo (ma corigetemi se sbaglio) sia l’ultimo assieme a Bettini ad aver vinto una grande classica con i colori dell’iride addosso
Complimenti “mlbarza” per la segnalazione, in effetti il Giro di Lombardia dovrebbe far parte dell’annata iridata post mondiale. Corretta la segnalazione su Bettini, fece doppietta nel 2006.
I nostri lettori saranno pochi, ma ne sanno a pacchi 😀 è per quello che poi diventano nostri scrittori 😀
Parliamo anche di Stephan Roche che nel 1987 eguagliò un certo Eddy Merckx giro/tour/mondiale e nell’anno seguente rimase fermo tutta la stagione (dopo aver abbandonato la Carrera). Se notate su internet praticamente non ci sono sue foto in maglia iridata.
Parliamo poi anche del compianto Rudy Dhaenens che vinse la sua seconda ed ultima corsa in carriera il campionato del mondo in Giappone.
Anche il secondo campionato di Freddy Maertens a praga 1981 quando ormai era a fine carriera e nel 1982 praticamente non corse neanche.
Non parliamo poi dello sfortunato Jean Pierre Monséré che l’anno dopo trovò la morte indossando i colori dell’iride in una gara in Belgio in primavera investito da un auto.
La sfortunata storia di Benoni Beheyt e del suo “sgarbo” a Van Loy che condizionò anche la sua vita personale.
Anche Harm Ottenbros riuscì a malapena a vincere una gara dopo essersi aggiudicato il mondiale asorpresa.
Possiamo mettere tra gli episodi particolari anche la vittoria del compianto Jerry Knetemann che al fotofinish per un paio di centimetri vinse sul nostro Francesco Moser nel 1978.
C’è da dire che ci furono anche stagioni esaltatnti, come quella di Saronni che in maglia iridata vinse Lombardia, Sanremo e Giro, Moser che vinse la Roubaix e fece uno strepitoso 1978.
Il solito Merckx che vinse Lombardia, Sanremo, giro e Tour nelle sue pluri maglie iridate.
Lemond che vinse il tour nel 1990, Hinault la Roubaix e grande stagione nel 1981.
Insomma quando il mondiale lo ha vinto un grande campione, non c’è mai stata la grande maledizione della maglia iridata. La formula è assai discutibile (sarei propenso anch’io ad una formula a punti), ma ormai è da quasi un secolo che questo tipo di corsa viene così svolta. Permette di vincere anche a chi indovina la giornata giusta, non il migliore in assoluto.