Ciclismo 2018 – Sipario

Con l’ultima monumento dell’anno, la classica delle foglie morte, si chiude la stagione 2018 del ciclismo. Certo ad essere puntigliosi c’è ancora una corsa World Tour in Cina e si sta concludendo il Giro di Turchia, ma il tramonto sul lago di Como con il blu dell’acqua e l’arancione del sole che si mischiano alla gioia di Thibaut Pinot sono il degno finale di una stagione per lunghi tratti epica ed emozionante.

Una volta si andava dal Laigueglia al Lombardia o almeno così era la stagione ciclistica vista dall’Italia. Negli ultimi anni però si inizia ben prima con i nuovi mercati sempre più affamati di ciclismo (e per fortuna, visto che sono quelli che portano i soldi). L’effetto collaterale, purtroppo in questo caso, è che molte corse italiane hanno perso parte del loro fascino e dell’interesse generale del “gruppo”. Il Laigueglia 2018 però vogliamo comunque citarlo non fosse altro perché ha visto gioire Moreno Moser ed uno dei suoi (pochi?) fan, il nostro Mattia Luchetta. Moser poi nel resto della stagione (eccezion fatta per l’Europeo dove è arrivato 24esimo) non s’è più piazzato dentro i primi 30 in nessuna delle circa 40 corse/tappe in linea disputate. Povero Moreno e povero anche Mattia.

Strade Bianche – TirrenoAdriatico – MilanoSanremo è il trittico che ha incendiato la stagione: a Siena, Benoot ha vinto la sua prima corsa WT, probabilmente non ne vincerà poi molte (ed infatti quella è rimasta unica fino ad oggi), ma quel suo volto ricoperto di fango nella corsa più “belga” tra quelle italiane è stato buon viatico per tutta l’annata ciclistica. Nella corsa toscana s’è messo sulla mappa anche Van Aert, che ha iniziato a prenderci gusto pure con le corse su strada e sono sicuro saprà divertirci anche nei prossimi anni.

La Tirreno invece è andata a Kwiatkowski, che oserò definire uno e trino: capitano solido per le brevi corse a tappe, sempre temibile sulle classiche ondulate, gregario impressionante sulle tre settimane. Ha corso da marzo a settembre, ad Innsbruck ha fatto anche quarto nella crono. Onnipresente.

Certo non è riuscito a bissare la Sanremo 2017, ma perché per quella di quest’anno ha dovuto lasciare spazio ad una delle imprese storiche che hanno costellato questa stagione. Chiudiamo gli occhi e vediamo ancora oggi quel gruppo che in Via Roma rinviene su Nibali, ma che manca il sorpasso per pochi metri: l’ha vinta, l’ha vinta davvero. La stagione di Nibali viveva su due appuntamenti principali: il Tour (dove il dominatore delle ultime stagioni, Froome, sarebbe arrivato verosimilmente stanco dal Giro) ed il mondiale. In un colpo solo, quello dato dal tifoso a bordo strada sull’Alpe d’Huez, sono svaniti entrambi, resta però quest’impresa marzolina, a beffare le ruote più veloci del gruppo, in una tattica di gara perfetta che gli regala una vittoria tanto sperata e sognata, anno dopo anno, e che nel 2018 è diventata realtà. Bello anche il suo secondo posto finale al Lombardia, in una stagione difficile ma anche per questo ancora più apprezzabile.

Dalle monumento del nord, ci portiamo via soprattutto la vittoria di Sagan alla Roubaix. Quanto sia un fenomeno Sagan non dobbiamo di certo spiegarvelo in queste righe, ma resta un gran mistero il fatto che uno come lui che dovrebbe vincere tutti gli anni almeno una tra Roubaix e Sanremo abbia dovuto aspettare il nono anno tra i pro per vincere la prima volta una di queste due monumento. Il 2018 ha posto fine, parzialmente, a questa stortura. D’altronde vincere è sempre difficile, nel ciclismo per alcuni aspetti, lo è anche di più.

A proposito di vittorie, abbiamo perso il conto di quelle raccolte durante tutta la stagione (ed in particolare nei primi 2 3 mesi di essa) da parte della Quick Step: Terpstra si è preso il Fiandre, Jungels la Liegi (mancando però la stagione delle corse a tappe, dove ha fatto un passo indietro).

La squadra belga ha dominato in lungo ed in largo le singole gare e con il giovane Mas si è presa anche un podio nei GT. Ne hanno talmente tanti a disposizione che forse non riusciranno nemmeno a soddisfare tutti. Tra di loro, sugli scudi, ovviamente il nostro Viviani, che da Rio 2016 ha visto scattare dentro di sé qualcosa di nuovo e non ha smesso più di vincere, fino a diventare, con il passaggio alla squadra belga, il velocista più forte del ciclismo mondiale. Ha vinto 17 volate (di cui 4 al Giro, 3 alla Vuelta, una al campionato italiano), resta il rammarico (piccolo?) per la mancata vittoria alla Gent-Wevelgem (battuto da Sagan) e per un mondiale nemico delle ruote veloci, proprio nella stagione in cui è parso per lunghi tratti imbattibile.

Poi è arrivata la stagione delle corse a tappe e, strano a dirsi, se dovessi fare 3 nomi, quello del vincitori del Tour rimarrebbe fuori. Perché oltre a Simon Yates, dominatore di 6 settimane, meno due giorni, oltre a Froome, che ha scritto una pagina di ciclismo che probabilmente sarà ricordata anche tra 30 anni, non posso tener fuori da questo podio virtuale Tom Dumoulin che nel 2018 ha riscritto le gerarchie delle corse lunghe 3 settimane: la doppietta Giro-Tour è quasi impossibile, ma fare due secondi posti consecutivi nelle due corse vale davvero tanto. A questo poi aggiungiamo un altro secondo posto al mondiale su crono ed un quarto in quello in linea. Credo che lo stesso Thomas, trionfatore sui Campi Elisi, se ne farà una ragione per queste righe, appena tornerà sobrio e smetterà di festeggiare.

Chiaramente resto profondamente legato al Giro di quest’anno che ho avuto modo di vivere come mai mi era capitato prima e sarebbe inutile aggiungere altro rispetto a quanto già scritto: #QCPontheroad: il giro del Giro…con la speranza di replicare in qualche modo anche l’anno prossimo (il 31 di questo mese dovrebbero svelare ufficialmente il percorso, che per quanto già trapelato fa davvero salivare…).

Il Tour poi ci ha consegnato definitivamente il talento di Egan Bernal, andato in Francia a fare il gregario e ad assaggiare per la prima volta le tre settimane. Non sappiamo se il cambio di programma gli abbia giovato o meno (sulla carta doveva essere il capitano della Sky alla Vuelta, ma l’estate passata a dominare sulle strade americane abbinata al dubbio che aleggiava attorno alla presenza di Froome al Tour, l’hanno dirottato su altri obiettivi), di certo siamo sicuri che di lui sentiremo parlare parecchio già dall’anno prossimo, quest’anno ci teniamo il suo doppio gregariato, visto che nelle tappe più importanti è riuscito a dare una mano sia a Thomas che a Froome: ha qualcosa di speciale.

Merita una menzione positiva anche la LottoNL: Roglic (non può perdere una corsa su una settimana), Kruijswijk (che si è confermato su buoni livelli nei GT, anche se forse non ne vincerà mai uno) e il solido Bennett sono stati sempre presenti nelle corse più importanti ed a loro si è aggiunto Dylan Groenewegen, uno dei velocisti giovani più interessanti del gruppo che nel 2018 ha fatto quello step in più: se si tratta di semplice velocità pura, non c’è nessuno che è andato più forte di lui.

Di certo non Kittel, 2 sole vittorie per lui (entrambe alla Tirreno), che guida l’esercito dei delusi da questo 2018: con il tedesco, sul podio in negativo, metto Aru e Quintana. Per questi due corridori da grandi giri la sensazione è che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nella loro preparazione e nella loro gestione. Restiamo in attesa del 2019 per avere altre risposte…

Il finale di stagione poi ha messo la ciliegina su una torta già complessivamente deliziosa: Valverde che correrà i prossimi 12 mesi con la maglia iridata è poetico (almeno per me). Don Alejandro ormai da qualche anno ha deciso che si può correre a buon livello da marzo a settembre: questo mondiale, prima di chiudere la carriera, se lo meritava. Quella volata infinita, che non poteva perdere, fatta in testa, senza lasciarsi sopravanzare, è stata trascinante.

E poi il Lombardia da cui siamo partiti in questo lungo sipario che si tira sulla stagione ciclistica 2018: Thibaut Pinot sarà pur francese, ma in bici sa emozionare, ispira simpatia, fa viaggiare la fantasia. Ama correre da noi, ama la classica delle foglie morte e per come è andata la stagione è quasi romantico che lui abbia fatto primo e Nibali secondo. A Cervinia, all’arrivo, ho vissuto il suo calvario: mi son visto sfrecciare l’ambulanza con lui a bordo sotto il diluvio direzione ospedale dopo aver sofferto evidentemente le pene dell’inferno durante la tappa pur di non mettere il piede a terra e fermarsi. Poi è tornato, ha fatto un ottimo giro di Polonia, un’ottima Vuelta ed ha vinto la monumento che chiude la stagione. Un po’ come Nibali e l’incidente sull’Alpe d’Huez. Vincenzo oggi è stato l’ultimo a cedere sulle rampe che si inerpicano attorno al lago di Como. Alla fine si è piazzato secondo in una corsa che ha vinto già due volte e dopo aver passato due mesi a faticare (senza successo) per recuperare una condizione per essere competitivo ad Innsbruck.

Insomma, il 2018 ci ha divertito, da italiani e da amanti del ciclismo. E sappiamo che già da domani ci mancherà.

azazelli

Da giovane registravo su VHS tutte le finali di atletica, mondiali ed olimpiadi, poi m'hanno cancellato il record di Donovan Bailey con Beautiful e mi sono dato al download. Vivo di sport, cerco di scriverne.

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